Santuario S. Maria delle Vedute - fucecchio in provincia di firenze - toscana - italia

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CHIESA S. MARIA DELLE VEDUTE


LA FACCIATA                                                                               
La facciata della chiesa fu restaurata radicalmente nel 1911.
L’antistante lastricatura risale al 1762 e fu fatta con le vecchie pietre della via Donateschi rinnovata.
La robusta cancellata di ferro battuto fu eretta nel 1911 a spese della benefattrice signora Annalena Moriani.
La chiesa di S. Maria delle Vedute ha avuto per antenato l’oratorio di S. Rocco, il santo protettore e liberatore dalla peste.

L’INTERNO DELLA CHIESA
L’interno della chiesa presenta tre navate, di cui la centrale è più alta e più larga il doppio di quelle laterali.
Tutti i lavori di allungamento, di rialzamento e di abbellimento del vecchio oratorio, dell’aggiunta della crociata e della erezione del nuovo campanile e della cupola, furono compiuti nel giro di poco più di trent’anni
(1732-1765) dalla traslazione in esso della venerata immagine della Madonna delle Vedute, avvenuta nel 1730.
Le due navate laterali furono aggiunte dopo il 1800.
Numerosi pilastri in muratura, la maggior parte dei quali incorporati o accostati alle mura perimetrali, sostengono le strutture superiori del tempio, costituite da altrettanto numerosi archi a tutto sesto, dalle due volte a botte dei transetti e dal piatto soffitto della vasta navata centrale.
La navata centrale prende luce da quattro mezze finestre, due per lato, che si aprono sui tetti delle navate laterali.

IL SOFFITTO DELLA NAVATA CENTRALE
Il suo soffitto, piano, è tutto un bellissimo intarsio arabescato, eseguito nel 1743 dai fiorentini Giovan Battista Dolci e Donato Malavisti, e dorato a oro zecchino da Gaspero Masini.
In mezzo all’intarsio spicca un grande dipinto con cornice di stile barocco, eseguito nel 1743 da un altro pittore fiorentino, Vincenzo Meucci. Esso rappresenta la Vergine portata in Cielo dagli angeli, mentre S. Rocco, genuflesso, contempla la mirabile scena.
L’intarsio del Dolci e del Malvestiti è stato restaurato nel 1997 da Pietro Gori.
Nel medesimo anno è stata anche ripulita la tela di Vincenzo Meucci ad opera della restauratrice Patrizia Pucci.
L’inaugurazione del soffitto restaurato è avvenuta sabato 20 dicembre 1997.
Vi è poi lo stemma del Comune di Fucecchio, che sta ad attestare la proprietà e il giuspatronato di esso sulla chiesa.
Al sommo dell’arco centrale, che separa il soffitto della navata centrale dalla cupola, in uno stucco di stile barocco, come tutti gli altri elementi decorativi della chiesa, è riportato, a grandi caratteri, il versetto del Magnificat: FECIT MIHI MAGNA QUI PQTENS EST.

LA CROCIATA
Il pavimento dell’intera crociata, ultimata nel 1750, è rialzato di un gradino rispetto al resto della chiesa e il presbiterio è rialzato di un altro gradino, sì da raggiungere il piano del coro. Al centro del presbiterio è eretta la nuova artistica mensa frontale tutta di marmo. Due delle mensole che la sostengono sono le stesse su cui poggiava la mensa dell’altar maggiore, prima della sua riduzione a dossale.
Il piano davanti al dossale è a sua volta rialzato di un altro gradino e su di esso trova posto il seggio del sacerdote celebrante la messa.
La balaustra in marmo antistante la crociata venne montata nel 1945. Le spese vennero coperte dal sig. Ademollo, titolare della Fonderia SILLA di Via Dante.
                                                                           
L’ALTARE MAGGIORE
Nella parte inferiore del dossale si legge un’iscrizione in latino, la quale ricorda che l’altar maggiore fu eretto nell’anno 1740 grazie alla devoluzione a tale scopo, da parte dei poveri del paese, della eredità assegnata a loro favore dal medico fucecchiese Francesco Bonistalli.
Dietro lo stesso dossale si erge, sullo sfondo del coro, il bianco blocco marmoreo che contiene il tabernacolo della Madonna. Due grandi angeli sono raffigurati in rilievo, in pose diverse, nell’atto di sostenere con le braccia la grossa cornice di marmo colorato, entro la quale è collocata l’immagine della Vergine, mentre altri due angioletti, inginocchiati sulla sommità del tabernacolo, sorreggono con una mano una grande corona regale dorata, e ai lati, fra bianche nubi, volteggiano alcuni cherubini. Il blocco marmoreo porta tutt’attorno una vistosa raggiera dorata.
Lo scultore del dossale è il fiorentino Vincenzo Foggini (1692-1755), figlio di quel Giovan Battista (1652-1725) che nel 1711 aveva disegnato l’altar maggiore e il balaustro ad esso prospiciente della chiesa fucecchiese di S. Salvatore. E Giovan Battista, scultore di corte, era un caposcuola del tardo barocco fiorentino ed aveva una sua bottega in Borgo Pinti.
Il nostro dossale fu ideato dal Foggini nel 1734 e collocato sull’altare all’inizio del 1740. A Vincenzo furono anche richieste delle consulenze sull’affidabilità del terreno su cui sarebbero state edificate le altre due navate della nostra chiesa all’epoca inesistenti.
La figura della Madonna ivi custodita e venerata non si presenta come venne originariamente dipinta nella cappellina delle Cerbaie intorno al 1300, perché, a causa del deterioramento subito col tempo, essa è stata più volte ritoccata nel colore, e purtroppo non da mani di artisti. Sembra che l’ultimo ritocco sia stato eseguito dal fotografo Pietro Lotti di Fucecchio.

IL CORO E L’AFFRESCO NELLA SUA TRIBUNA
Nel coro, liberato dai suoi mobili, ha trovato posto l’impianto del nuovo grande organo installato nella chiesa nell’anno 1976. Delle due porte del coro, quella di sinistra conduce alla canonica, quella di destra alla sacrestia e alle due stanze sovrastanti.
Giuseppe Parenti La tribuna del coro fu affresca da Giuseppe Parenti.
Il lavoro, assai pregevole, si è conservato in buone condizioni. Esso rappresenta il sepolcro della Vergine aperto, mentre ella è assunta in Cielo, e attorno gli apostoli che osservano il sepolcro vuoto. Il Parenti dipinse anche i quattro evangelisti che si vedono alla base della cupola.
                                                                           
LA CUPOLA
L’elegante cupola che, in proporzioni ridotte, riproduce quella del duomo di Firenze, fu affrescata nel 1741 dal pittore Francesco Salvetti. Il dipinto, purtroppo in gran parte rovinato, rappresenta nella parte alta l’Empireo con le tre persone della SS. Trinità, le quali accolgono la SS. Vergine, e nella parte bassa le figure di profeti del Vecchio Testamento, del re David, di S. Giuseppe, sposo della Madonna, e di S. Giovanni Battista.
I vari stucchi che si vedono nel tamburo della cupola, nel coro e sopra gli archi della navata centrale furono eseguiti nel 1739 da Giovanni Bianchi e Domenico Benvenuti.
Sono da ammirarsi anche le belle vetrate istoriate, collocate, una quindicina di anni fa, alle finestre della crociata, del coro e della facciata.
                                                                           
ALTARI SULLA CROCIATA
L’Altare della Passione
L’altare della Passione, sulla sinistra dell’altar maggiore, venne eretto nel 1744 dalla compagnia dei Coronati Scalzi.
Ai piedi di esso è stato collocato di recente il nuovo fonte battesimale, formato da una vasca bassa che fa corpo con la base di due gradini semicircolari, il tutto di marmo bianco.
La tavola che si vede sopra, anche questa restaurata da poco, rappresenta Gesù sotto il peso della croce sulla via dolorosa del Calvario, attorniato da soldati e persecutori, e la Veronica che tende le braccia verso di Lui con un panno fra le mani per detergergli il volto insanguinato.
Poggiata sui pavimento alla sinistra del fonte battesimale, una lapide di marmo reca una iscrizione in latino che ricorda i promotori e la data della erezione dell’altare.
                                                                           
ALTARI SULLA CROCIATA
L’altare della cena di Emmaus
L’altare sull’altro lato della crociata, a destra dell’altar maggiore, l’unico conservato nella sua forma primitiva, venne dedicato originariamente a S. Luigi Gonzaga, com’è attestato dall’iscrizione sotto la mensa (Divo Aloysio Gonzaga aere coniato nonnulli Ficeclenses Anno MDCCLV). Su di esso è stato collocato il tabernacolo che custodisce il SS. Sacramento, tolto dall’altare maggiore. La nicchia soprastante è ora occupata dalla pala recante  la Cena di Emmaus dipinta dal Pittore Antonio M° Cino, mentre la tela a olio di G. D. Ferretti, del XVIII secolo, rappresentante S. Luigi Gonzaga, che vi si trovava prima, è andata a far parte delle opere d’arte raccolte nel Museo civico fucecchiese.
                                                                           
ALTARE SULLA NAVATA SINISTRA
L’altare di S. Gioacchino e S. Anna genitori della Madonna
A metà della navata di sinistra è rimasto il dossale dell’altare dedicato a S. Giovacchino (DOM et Divo Joachimo), dopo l’asportazione dei tre gradini di base e della mensa, come è stato fatto, nel corso dei restauri effettuati nell’anno 1970, anche per l’altare maggiore, l’altare della Passione e quello di S. Agata. La sovrastante bellissima tavola del pittore Carlo Andrea della Porta, recentemente restaurata, rappresenta Maria bambina in una graziosa scena in compagnia della madre S. Anna e del padre S. Giovacchino.
                                                                           
ALTARE SULLA NAVATA DESTRA
L’altare di S. Agata
A metà della navata di destra si trova un altro dossale, appartenente all’altare, eretto molto più tardi rispetto agli altari della crociata, in onore di S. Agata, vergine catanese, martirizzata nell’anno 250 durante la settima persecuzione contro i Cristiani ordinata dall’imperatore Decio. Lo attesta un iscrizione nella parte superiore dell’altare (DOM ac S. Agathae v. et m.), mentre le iscrizioni in basso dicono che l’altare fu eretto nel 1833 con le elemosine dei pii fucecchiesi (Nonnulleorum piorum Phocensis - Elemosinys erectum An. 1833).
La sovrastante tavola dipinta rappresenta appunto la martire S. Agata assieme ad una veneranda figura di vecchio. L’autore del quadro è Rutilio Manetti:
                                                                           
LE FORMELLE DELLA VIA CRUCIS SULLE PARETI DELLE DUE NAVATE LATERALI
Le quattordici formelle in gesso delle stazioni della Via Crucis sono opera del fucecchiese Alberto Matteucci
Alberto Matteucci nacque a Fucecchio il 16 aprile 1898. Era il terzo di quattro figli. Suo padre, Virgilio, faceva il falegname. La madre , Vanni Isola, gestiva un negozietto di stoviglie e andava a fare i mercati settimanali di S. Miniato e Santa Croce sull’Arno. Fin da ragazzo palesò una evidente attitudine al modellaggio, al disegno e alla pittura.
Nel 1917 partì per la Prima Guerra Mondiale e rientro a Fucecchio soltanto nel 1920. Grazie all’interessamento del cugino Aldo Galeotti, Alberto fu assunto come falegname presso il Cantiere Navale Luigi Orlando a Livorno. In questa città vi si stabili definitivamente nel 1932, in via Mazzini, dopo il matrimonio con Anna Aneretti.
Il 28 maggio 1943, il giorno del primo catastrofìco bombardamento aereo di Livorno da parte delle fortezze volanti americane, Alberto e i suoi familiari lasciarono Livorno e, a piedi, trainando un carretto carico di masserizie, sfollarono a Fucecchio, il paese natio.
Fu in questo periodo ( 1943 – 1944) che Alberto realizzò le formelle in gesso delle 14 Stazioni della Via Crucis per questa chiesa usando come bottega la sagrestia della chiesa.
Don Palmiro Ghimenti, parroco della chiesa, non cavò una lira di tasca per queste sculture. Ad Alberto Matteucci furono corrisposte soltanto delle derrate alimentari e del tabacco per fare le sigarette.
La famiglia di Alberto Matteucci rientrò a Livorno nel 1946.
Il 7 luglio 1983, il nostro concittadino Alberto Matteucci. l’autore delle stazioni della Via Crucis della nostra chiesa, è ritornato alla Casa del Padre a modellare sicuramente creature paradisiache.
                                                                           
DUE SEPOLTURE ILLUSTRI
Su ciascun lato della chiesa presso le porte laterali vi sono marmi che ricordano due illustri fucecchiesi, ivi sepolti.
Quello a sinistra è dedicato a Pietro Martini (3.2.1798 - 11.10.1830), idraulico ingegnere, « esempio di che possa contro fortuna animo creato a sapienza, scrisse dell’asciugamento del lago Bolsena, a Fucecchio e Bientina promettea di trista palude fertili campi, in due ponti architettati sull’Arno per profittare alla patria apparecchiavasi un monumento infelicissimo ».                                       
L’altro marmo è dedicato al dott. Giovanni Nelli (1805-1860), discendente da un ramo degli eredi dei Cadolingi, combattente nel 1848 sui campi di Curtatone, deputato all’Assemblea toscana nel 1859, primo governatore della risorta confraternita di Misericordia di Fucecchio nel 1858, gonfaloniere del Comune fino al 23 febbraio 1860, ultimo della sua undicilustre vita terrena.
                                                                           
L’ORGANO
Quello collocato sulla bussola della porta centrale della chiesa nel 1783 era opera del Tronci di Pistoia.
Esso venne “accomodato” nel 1830 in occasione dei grandiosi festeggiamenti del Primo Centenario della traslazione dell’Immagine della Madonna delle Vedute.
Nel 1976 venne collocato in chiesa un nuovo organo completamente elettrificato.
                                                                           
LA SACRESTIA
Nel 1576 fu intrapresa la costruzione della sacrestia, larga 6 metri e lunga 10.
Il principe Corsini aveva concesso gratuitamente il terreno necessario, ma chiese in cambio di far celebrare in perpetuo tre messe l’anno per i defunti della famiglia.
Nel medesimo anno la sagrestia venne realizzata e arredata con un bel banco di noce tuttora esistente.
                                                                           
IL CAMPANILE
Dopo la traslazione dell’Immagine della Madonna delle Vedute nell’Oratorio di S. Rocco extra muros, avvenuta nell’anno 1730, venne decisa la trasformazione dell’Oratorio in chiesa.
Venne perciò demolito il campanile dell’Oratorio e venne costruito quello attualmente esistente che venne inaugurato nel 1743
In esso vennero collocate due campane, acquistate presso una fonderia di Monsummano. La più piccola pesa 80 chilogrammi e la più grande 96 Kg.
Diciotto anni dopo, nel 1761, venne deliberata la rifusione delle due campane esistenti e l’aggiunta di una terza, più piccola delle altre.                                                                         
La campana più piccola porta la seguente iscrizione: Monstra te esse Matrem. A.D. MDCCLXII. Filii et nepotes Andreas De Morenis funderunt.                                                                          
La campana di mezzo reca la seguente iscrizione: Al tempo dei Sigg. Rapp. Sebast. Mont. Paperini, Luca Checchi, Stefano Galleni e Lorenzo Giunti. A.D. MDCCLX.                                                                       
La terza campana porta la stessa iscrizione della seconda con la variante della data: A.D. MDCCLXI.                                     
Durante l’ultima guerra le campane di questo nostro campanile non furono toccate, non solo perché fuse prima del 1800, ma anche perché la Soprintendenza alle Belle Arti di Firenze le aveva dichiarate artistiche, avendo torno torno una bella fascia decorativa.
                                                                           
LA CANONICA
Dopo la erezione della Parrocchia di S. Maria delle Vedute avvenuta il 6 maggio 1839, essa venne affidata ad un parroco che ne prese possesso il 13 gennaio 1840. Fino ad allora essa era stata officiata da Cappellani regolarmente retribuiti dal Comune di Fucecchio. Il primo parroco, il canonico Gaetano Maria Rosati dovette continuare ad alloggiare nella propria abitazione perché la Parrocchia era sprovvista di canonica.
Nel 1839, il terzo parroco, don Palmiro Ghimenti riuscì a dotare la parrocchia di una canonica, in via Dante, anche se distante cento metri dalla chiesa.
Nell’agosto del 1944 i soldati tedeschi fecero saltare alcune case in via Dante e fra queste anche la canonica della parrocchia.
Nel dopoguerra, il parroco ottenne il permesso di poter costruire la canonica sul dietro della chiesa, sopraelevando di due piani lo stanzone, già sede della Compagnia dei Coronati Scalzi, a partire dal 1571. Lo stanzone corrisponde al piano terra dell’attuale canonica.
E così la canonica si trova incorporata nel fabbricato della chiesa.
                                                                           
BREVE STORIA DELL’ORATORIO DEI SS. ROCCO E SEBASTIANO - Oratorio di S. Rocco extra muros 1527
L'11 marzo 1525 gli Anziani ed il Vessillifero del Comune stabilirono e stanziarono una certa somma, pari a "libras duecentum denariorum" per la costruzione di un Oratorio dedicato a S. Rocco, il santo della peste, da edificarsi fuori delle mura del castello, nel luogo dove ora si trova la chiesa di S. Maria delle Vedute.
Questo Oratorio venne chiamato S. Rocco extra muros per distinguerlo da quello esistente allora in Piazza Maggiore detto comunemente Oratorio di S. Rocchino.
L'Oratorio di S. Rocco extra muros venne costruito nel 1527 e vi si accedeva passando sopra un ponticello. Sempre nel 1527 il Comune istituì l'Opera (Consiglio di Amministrazione) di S. Rocco extra muros che gestiva le entrate e la manutenzione dell'Oratorio.
Nonostante gli stanziamenti annuali del Comune, il fabbricato, a partire dal 1650, cominciò a dare segni di decadimento.
Nel 1688, a seguito di una visita pastorale , il vescovo di S. Miniato ingiunse l'interdizione dell'Oratorio se nel volgere di 4 mesi non si fosse provveduto ai lavori di restauro di cui l'Oratorio abbisognava. Naturalmente si provvide immediatamente ai lavori del caso.
Il 18 maggio 1730 vi venne traslata l'immagine della Madonna delle Vedute. Subito dopo iniziarono i lavori di riduzione dell'Oratorio in chiesa a tre navate.
                                                                           
COMPAGNIA DEI CORONATI SCALZI
Il 23 febbraio 1712 vennero approvate dal nostro vescovo monsignor Poggi le COSTITUZIONI della Confraternita dei Coronati Scalzi, istituita nell'Oratorio di S. Rocco extra Muros nel 1710 da 25 persone appartenenti alle principali famiglie del paese.
La Compagnia venne eretta perché fossero "esercitate privatamente con tutta la devozione possibile le discipline, le orazioni mentali, gli uffizi divini ed altri esercizi spirituali ad onore e gloria del Sommo Dio e salute delle anime nostre.
Secondo le Costituzioni della Confraternita, la Compagnia non poteva accogliere più di 50 fratelli.
Gli aspiranti dovevano poi dimostrare di conoscere bene la dottrina cattolica
Il priore della Confraternita - che poteva essere anche un laico - veniva eletto ogni anno a febbraio.
La condotta del priore doveva essere esemplare. Egli doveva presiedere tutte le terze domeniche del mese una riunione dei fratelli che prevedeva;
- un discorso sulla Passione di Gesù
- un quarto d'ora di orazione mentale
- un discorso sulla disciplina
- la recita dell'Uffizio della Beatissima Vergine Maria e di altri uffizi divini applicati sempre ai meriti di Dio
I fratelli avevano l'obbligo di parlare a bassa voce e con umiltà.
Inoltre erano obbligati a prender parte alla processione del Venerdì Santo, vestiti con un sacco rosso, a piedi scalzi con una corona di spine sulla testa reclinata a terra e con una croce sul petto legata ad un canapo intorno al collo.
Nel 1741 i fratelli eressero nella chiesa di S. Maria delle Vedute l'Altare della Passione di Gesù, quello con la pala raffigurante Gesù che porta la croce.
Nel 1750 costruirono, sul retro della medesima chiesa, una stanza che venne usata come sede, come spogliatoio e come ripostiglio delle cappe e delle corone.
Nel 1783, per sottrarsi ai provvedimenti granducali di soppressione delle compagnie, i coronati scalzi assunsero il titolo di confratelli della Compagnia di Carità e di Misericordia. Si obbligarono così alle opere di Carità e al trasporto delle salme con l'assistenza del parroco. A tale scopo gli ex coronati sostituirono le cappe rosse con quelle nere.
Nel 1791, quando al granduca Leopoldo I successe il Figlio Ferdinando III, molto meno laico del padre, la Compagnia riprese il proprio nome e la propria divisa.
A partire dal 1900 comincia il lento ma inesorabile declino della Confraternita che cessò di esistere subito dopo la fine della seconda guerra mondiale.

OPERA DI S. MARIA DELLE VEDUTE
Il 4 maggio 1730, quattordici giorni prima della traslazione della Madonna delle Vedute nell'Oratorio di S. Rocco extra muros, il Gonfaloniere e gli Anziani del Comune istituirono l'Opera di S. Maria delle Vedute. Essa era costituita da DUE OPERAI a vita.                                                         
Questi i loro obblighi:                                                                   
- dovevano amministrare gratuitamente gli interessi dell'IMMAGINE di Maria  delle Cerbaie;
- dovevano "tener conto" di tutte le elemosine che sarebbero state offerte dai fedeli con l'obbligo di "renderne conto" al Cancelliere (segretario comunale)  del Comune e di registrarle in un libro a parte              
Oltre agli obblighi, il Gonfaloniere e gli Anziani assegnarono all'Opera delle funzioni specifiche.
Queste le funzioni:                                                              
- migliorare il fabbricato dell'Oratorio di S. Rocco extra muros (nel volgere di un secolo l'Oratorio diventò una chiesa a tre navate);
- favorire il culto della Madonna (che culminò nella solenne festa della sua Incoronazione avvenuta il 20/05/1830).                                                        
La storia dell'Opera di S. Maria delle Vedute fa registrare alcuni cambiamenti di rilievo:                                                                        
- Nell'aprile del 1784 il Comune impose all'Opera un Regolamento ben preciso.                                                                      
- Il 27 maggio 1786 vennero riunite l'Opera delle Vedute e quella di S. Candido.                        
- Il 28 maggio 1789 venne riunito il camarlingato delle due Opere unificate nella persona del camarlingo del Comune.
- Il 3 dicembre 1807 le due Opere, quella delle Vedute e quella di S. Candido, vennero nuovamente separate.
- Il 5 dicembre 1831 e il 13 novembre 1835 il Comune stilò per l’Opera delle Vedute due nuovi Regolamenti.
                                                                          

                                                                      
a cura di Mario Catastini

                                                                            
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